a proposito del Container 19

di Luisa Nardecchia, 13 maggio

Container 19 non si può raccontare, è fatto di foto di ragazzi che sorridono, sorridono sempre, sorridono alla faccia del terremoto.

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Potrete capire come vivono i nostri giovani, senza punti di ritrovo o di riferimento. Senza bussola. Scombussolati. Hanno detto loro di andare nei centri commerciali, come ai vecchi in estate.

I centri commerciali risolvono tutto. Risolvono il caldo risolvono il freddo risolvono la fame il sonno il terremoto. Ti vendono da bere, da fumare, da sgranocchiare, da dimenticare. Ti vendono un’illusione di città da Truman Show.

E tra poco uscirà un masterplan in cui grandi spazi pubblici saranno lottizzati da grandi società e ci faranno fare la tessera per entrare dove prima era spazio libero per camminare.

E noi la tessera non la faremo. E vivremo come topi nelle macerie, a caccia di fotografie, a raspire tra i sassi, per distinguerci da quelli che entrano con le tessere in spazi lottizzati che prima erano liberi. Così passerà una generazione e poi un’altra e poi un’altra ancora. O topi tra le macerie, o attoniti acquirenti. O carriolanti o carrellanti.

Nella nostra città dove non c’è scelta tra queste due cose, faremo da modello al futuro su ciò che NON si deve fare dopo un terremoto sotto una città. Che non accada mai più.

Ma nessuno ci ascolta.

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